Folklore e tradizone a Samugheo
Numerose manifestazioni folkloristiche animano le vie di Samugheo durante tutto l’anno.
In tutte ritroviamo alcuni elementi distintivi come i coloratissimi e pregiati abiti tradizionali, sia maschili che femminili, maschere Mamutzones che con le loro danze ripropongono la rappresentazione scenica di miti e riti della cultura pastorale della Sardegna centrale
Il carnevale
Fra le tradizioni e gli eventi di Samugheo una menzione speciale va al suo celebre carnevale, i cui principali protagonisti sono:
- Is Mamutzones che, muovendosi e saltellando come un gregge di capre, provocano una cadenza scandita dal cupo tintinnare di campane e campanacci. Sono coperti di pelli di capra, grandi corna su alti copricapi di sughero, sul corpo una moltitudine di campanacci, il volto nero di nerofumo, intercalano il loro incedere disordinato con l’imitazione del combattimento delle capre in amore.
Può anche succedere che is mamutzones tolgano i copricapo, detti casiddu, e li pongano l’uno accanto all’altro, formandovi intorno un cerchio danzante. - S’urtzu, metà uomo e metà caprone, incede zoppicando, danza goffamente e spesso si avventa sugli astanti. Si rivolta nelle pozzanghere, si rialza, si scuote e si ributta a terra, muggendo. Vessato da su ‘omadore, s’urtzu cade a mimare la morte, mentre la terra si colora di rosso – è solo un espediente scenico causato da una vescica di sangue e acqua nascosta sotto le vesti, pronta a cedere al colpo. S’urtzu, risuscitato dal pungolo de su ‘omadore, cade ancora circondato dalla torma di mamutzones che gli danza intorno entusiasta, nel senso etimologico di posseduta dal dio.
- Su ‘omadore che ha il compito di limitare le intemperanze de s’urzu, battendolo fino a farlo sanguinare e pungolandolo per farlo ridestare.
- Il pubblico che ammira senza riserve le prodezze atletiche de s’urzu che si arrampica, cade e si avventa sugli astanti tentando di trascinarli a terra e coinvolgerli nel proprio destino.
Impossibile non cogliere in questo rito estremamente cruento e ferino, ma anche vitalissimo, l’eco degli arcaici misteri di tradizione minoica e anatolica come quelli eleusini, orfici e dionisiaci – ma anche il culto di Mitra – probabilmente mutuati attraverso il sincretismo romano e innestati sul sostrato autoctono della Sardegna protostorica. Né se ne può ignorare il valore salvifico, di morte e rinascita, che a ben guardare non è estraneo nemmeno al cristianesimo.
Assistere alla sfilata costituisce, dunque, un’occasione rara per precipitare nel passato ancestrale dell’umanità, quando il confine tra il sacro e il profano era più labile. Tuttavia, a dispetto del sacrificio de s’urtzu, il carnevale è occasione lieta: le maschere a Samugheo cominciano ad uscire per la festa di Sant’Antonio Abate, richiamate in piazza dal suono di un corno e pronte a sfilare per le vie del paese. La festa si protrae fino ai primi riti della Quaresima, confondendo gli strepiti e le abbuffate di zeppole e vino all’austera liturgia che precede la Pasqua.